Ai figli ci sono cose da dire: non siate avari di parole
- Cecilia Costa
- 7 nov 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Ai figli ci sono cose da dire.
Così si intitola la mia prima lettura novembrina.
Ogni genitore ha il potere di cogliere questa richiesta e farla sua nel modo che preferisce a patto di non ignorarla.
Le parole esistono per essere dette anche quando ciò che significano lì per lì può spaventare. Quante cose nel corso della vita potranno essere terrificanti e lasciarci senza fiato? Meglio arrivarci preparati. E quante invece saranno le possibilità di essere felici e contenti di noi stessi?
Le parole vanno dette proprio per rendere chiaro che la paura è un sentimento necessario per diventare persone, e che ognuno di noi può trovare forza dalla sua solo rendendosene conto. Nessuno merita di non provare almeno un’istante di felicità esplosiva che lo faccia sorridere a trentadue denti.
Parlo da figlia che ha avuto la fortuna di crescere in un ambiente ricco di possibilità, di sogni da coltivare, di periodi incerti affrontati tenendo insieme la stessa candela. Tante sono state le domande, alcune ancora oggi aspettano una valida risposta.
Ai figli ci sono cose da dire è una piccola raccolta di aforismi uscita in ottobre per Mondadori nata dalla mano di Cinzia Pennati, accompagnata dalle illustrazioni di sua figlia Ludovica Paglino.
Pagina dopo pagina, mi sono accorta di quanto, nella scrittura della Pennati, si scorgano due linee di azione diverse che collaborano. Da un lato un’impronta materna che idealmente prende sotto la sua ala il lettore per guidarlo. Ho avuto la sensazione di una mano sulla spalla, accompagnata dal profumo inconfondibile di casa mia.
Troviamo consigli in pillole per prendere la vita così com’è nella sua bellezza spietata.
Alcune frasi sono legate a una realizzazione personale spronano a perseguire i propri obiettivi anche quando chi ci sta intorno sembra fare di tutto per demolirceli. Altre riguardano il rispetto dell’altro, l’attenzione alle difficoltà, la parità tra generi, via sempre attuale e mai scontata. Infine arriviamo a quelle che si rivolgono direttamente alle emozioni.
Allo stesso tempo, il background educativo di maestra elementare dell’autrice emerge tra le righe ricordandoci che scuola e famiglia si fanno assist a vicenda nell’affiancare il turbolento percorso di crescita che ognuno di noi è portato a vivere.
L’insegnante e il genitore sono necessari per abbozzare un binario, attutire un fallimento, gioire per un successo, evitando che diventino consiglieri scomodi qualora cerchino di sostituirsi ai pargoli nella scelta della loro personale strada.
Questa lettura mi ha fatto venire in mente una frase molto bella di Guccini che diceva “…e tua madre lontana e presente sui tuoi sogni ha da fare e da dire / ma può darsi non riesca a capire che sogni gestire”.
Quanti adulti proiettano sui ragazzi i propri desideri irrealizzati senza essere capaci di ascoltare ciò che davvero loro desiderano? Quanti non sono disposti a fare un passo indietro soffrendo il traguardo di qualcun altro? Molti non accettano la possibilità che un giorno arrivi il momento di mollare la presa sul nido, e insistono per mantenere le cose intatte, come è sempre stato e sempre sarà.
I figli non sono il prolungamento dei genitori, sono vite che hanno bisogno di trovare il loro posto personale nel mondo, senza recidere il legame, ma rispettando i tempi e le necessità di tutti.
Vi lascio con la frase dall’ultima pagina che racchiude le sensazioni descritte: “Ai figli dovremmo dire che possono andare lontano. Molto lontano. / Dove non li vediamo più. / e che noi saremo qui. / Quando vogliono tornare”.

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