Fleabag: rompere la quarta parete e vivere ridendo
- Cecilia Costa
- 11 mag 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Una protagonista pasticciona e intrigante, una serie di eventi che non sono così inusuali nella quotidianità e una meravigliosa abbondanza di stile british, dall’umorismo ai tempi di narrazione, dalla musica all’accento.
Di cosa sto parlando?
Di Fleabag, vincitrice di quattro Emmy awards (tra cui Miglior commedia e Migliore attrice in una serie commedia) e due Golden Globe. Un gioiellino da poter recuperare con facilità su Amazon Prime Video, sia doppiato che in lingua originale.
Nata e scritta dal genio di Phoebe Waller-Bridge che vi recita nel ruolo di protagonista, è una commedia irriverente, a tratti tagliente, leggera ma dai toni un po’ più seri, corta, sono 2 stagioni, 12 episodi in totale da poco più di 25 minuti ciascuno. Volendo la si può divorare nel giro di un paio di giorni…e no, non lo sto dicendo a caso.
Volenti o nolenti, Fleabag eserciterà il suo potere di incantatrice anche su di voi senza darvi la possibilità di tirarvi indietro.
Ma di cosa tratta quest’ennesima serie?
Fleabag è una giovane donna inglese che si destreggia tra la sua caffetteria a cui è legata sentimentalmente, la sua famiglia in perenne conflitto, e le sue avventure romantiche che hanno per lei una funzione quasi catartica. Sì, soprattutto nella prima stagione, c’è tanto sesso, e questo soprattutto perché il sesso ha un ruolo preciso nella vita della nostra protagonista che la porta ad esserne quasi ossessionata: la tiene lontana da tutti i suoi pensieri, la rende davvero viva quasi riuscisse a trovare un motivo per esistere al mondo.
Fleabag, chiamata così usando un soprannome, non svelerà mai la sua vera identità, e possiamo vedere questo trucco come una spiegazione al fatto che, nella sua vita, non viene quasi mai presa sul serio dagli altri. Di lei si pensa che debba solo far ridere e più volte durante i suoi dialoghi le viene chiesto se ciò che sta dicendo non sia in realtà una semplice battuta.
È un po’ mortificante pensare che la tua vita venga vista solo come una commedia quasi come fossi una caricatura di te stessa, ma è proprio questa la chiave che permette alla nostra protagonista di vivere nonostante tutto.
Perchè, anche se Fleabag sa come non prendersi troppo sul serio, ciò non significa sia una persona superficiale, tutt’altro. È un personaggio intelligente, dotato di una sensibilità tutta sua, sarcastico e pungente. È alla ricerca di qualcuno o qualcosa che riesca a darle un motivo per vivere, e come tutti cerca di trovare la sua strada tra le tante. Non risparmia nessuno con la sua ironia usata per introdurre argomenti che generalmente non sono associati alla risata.
“Voglio qualcuno che mi dica cosa indossare la mattina. Qualcuno che mi dica cosa indossare OGNI mattina. Voglio qualcuno che mi dica cosa mangiare, cosa amare, cosa odiare, per cosa arrabbiarmi, cosa ascoltare, quale band seguire, che biglietti comprare. Su cosa scherzare, su cosa non scherzare. Voglio qualcuno che mi dica in cosa credere, per chi votare, chi amare e come dirglielo.
Io voglio qualcuno che mi dica come devo vivere la mia vita perché finora ho sbagliato tutto.
Per questo molte persone cercano persone come te nella vita, perché tu dici loro come vivere, dici loro cosa fare e cosa otterranno alla fine e anche se non credo alle tue stronzate, so scientificamente che nulla di ciò che farò farà la differenza, ho paura lo stesso. Perché ho paura lo stesso?”
Fleabag
Si porta sulle spalle esperienze dolorose che l’hanno segnata, in particolare due lutti che non è ancora riuscita a superare del tutto e che ci vengono mostrati attraverso flashback istantanei che Proust avrebbe definito figli dell’”effetto madeleine” dal momento che nascono in associazione a luoghi, oggetti, sensazioni. I difficili ricordi diventeranno parte del motore silenzioso di questa serie che fa perno proprio sul percorso di crescita di Fleabag come se lei stesse vivendo davvero.
E la sua vita spesso ci strizza letteralmente l’occhio come ad invitarci a entrare e seguirla.
Dico letteralmente non a caso, perché Fleabag più che essere una semplice serie televisiva è un ibrido tra televisione e teatro.
Nasce infatti come spettacolo teatrale scritto da Phoebe Waller-Bridge, nel 2013, sotto forma di un monologo, e, a detta dell’autrice, trae spunto dal cinismo dei suoi vent’anni. Sarà forse anche questa radice autobiografica a rendere la sua performance davvero memorabile.
Ma il teatro lo possiamo notare anche nella scelta di narrazione: Fleabag si rivolge in modo attivo al suo pubblico perché è consapevole che ci sia, proprio come se avesse una platea davanti. Guarda dritta in camera per rivelarci i suoi pensieri, le sue considerazioni, anticipa le battute di altri interlocutori come se li conoscesse alla perfezione, e lo fa spesso con frecciatine argute, e un’espressione facciale che cattura il nostro sguardo. Attraverso il suo renderci partecipi riusciamo a farci un’idea più completa della psicologia altrui rendendo in questo modo i personaggi davvero tridimensionali.
Questi piccoli dettagli evidenziano il background teatrale della Waller-Bridge e di gran parte del cast, ma lei in particolare, ancor più dell’attore televisivo, incarna il suo personaggio come una maschera.
Io ho adorato quei piccoli momenti in cui perdevo la dimensione di osservatore esterno e mi sentivo parte integrante delle vicende, una confidente segreta oltre allo schermo. Fleabag abbatte così la quarta parete tra attore e spettatore immergendoci nell’atmosfera caotica del suo mondo che, per certe sfumature, mi ha ricordato vagamente quello di Amelie.
[Phoebe Waller-Bridge aka Fleabag]
Il richiamo al teatro è chiaro anche nella scelta dei nomi dei personaggi che, salvo rare eccezioni, non sono mai specificati ma restano generici come da copione: abbiamo il padre, la matrigna, il prete, la stessa Fleabag, e anche i loro ruoli sembrano ricalcare quelli tipici della commedia. Ognuno di loro ha tratti positivi e negativi, nessuno è buono in assoluto o perfido all’ennesima potenza, nemmeno chi dovrebbe per natura essere più santo di altri si può considerare risparmiato.
Lasciate a casa qualsiasi tipo di convinzione perché sarete portati a perderle. Nulla è impossibile e Fleabag è in grado di stravolgere qualsiasi ruolo e qualsiasi situazione trasformando una scena comica in una drammatica e viceversa nel giro di pochi istanti.
Forse è proprio questo che funziona.
In una recensione che ho visto per riuscire a mettere insieme le idee che mi frullavano in testa, veniva detto che Fleabag tratta di tante cose un po’ e questo perché vuole risultare il più naturale possibile, e la vita è davvero un minestrone di tante cose: felicità, delusione, amore, sesso, dubbi, passato, presente e futuro, insicurezze, incontri, rinascite e seconde possibilità.
Non lasciatevela scappare perché ve ne innamorerete!
P.S: se non vi avessi convinta, altra nota di merito è il cast davvero eccezionale e molto, molto inglese. Andrew Scott, che io ho conosciuto grazie a Pride e a Sherlock e che trovate su Prime Video anche in Modern Love, Olivia Colman, Oscar alla migliore attrice protagonista per La Favorita, Hugh Skinner, noto per Les Misérables, Brett Gelman, unico americano del cast preso in prestito a Stranger Things e la meravigliosa, ecclettica, geniale Phoebe Waller-Bridge sceneggiatrice anche di Killing Eve che non vedo l’ora di recuperare.
Adesso siete un po’ più convinti?
Fatemelo sapere e buona visione.










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