Soul: mito di Er, anima e jazz
- Cecilia Costa
- 16 gen 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 22 gen 2021
Soul mi è piaciuto molto!
Il nuovo film di animazione firmato Pete Docter, co-diretto da Kemp Powers, conferma un altro punto a segno della Disney Pixar che con questa linea più introspettiva sta viaggiando su altissimi livelli.
Ragionando a mente più fredda ho pensato a qualche analogia interessante.
Tempo fa, mi sono imbattuta in un corto animato, The Egg (Kurzgesagt), che ha una dinamica narrativa simile. C’è un incidente improvviso che rompe l’equilibrio, e un’anima che prende il volo verso qualcosa dove comincia un percorso e, grazie all’ausilio di una guida, si trova pronta a vivere di nuovo.
Soul cos’altro non è se non la ricerca profonda di un senso alla nostra vita?
Una scintilla che ci faccia (ri)scoprire il valore del vivere e assaporare ciò che ci viene permesso di assaggiare, trasformando le giornate in qualcosa di più. Insomma, cercare il nostro posto.
Spesso siamo portati a pensare che la passione sia il nostro motore. Eppure non è detto che ciò diventerà il nostro scopo, non è nemmeno certo che il nostro valore e il nostro volere ci sia chiaro ber buona parte della nostra esistenza.
Non è possibile pensare di programmare gli eventi come su un grande calendario, e in Soul questa condizione è sofferta da entrambi i protagonisti in modo diverso. I due si ritrovano in balia di uno stravolgimento che ribalterà la loro visione sulla vita e sul loro stesso scopo.
Veniamo alla seconda analogia cui ho pensato. Il mito di Er di Platone alla base dell’indirizzamento dell’anima sulla Terra secondo un determinato stile di vita. Le anime, salgono all’oltretomba e lì incontrano le tre Parche (presente, passato e futuro), queste mostrano loro diverse possibilità di vita, non per forza umana, e chiedono di scegliere. Una volta scelta la propria vita futura vengono obbligate a bere l’acqua del fiume Lete, dimenticano e sono pronte a vivere.
“Le anime che venivano dalla terra, facevano scelte più avvedute, perché avevano imparato dall’esperienza.”
Mito di Er - La Repubblica, Platone
L’Ante Mondo, asilo per le anime nuove, non è altro che l’incarnazione del mito: da un grande giardino comune comincia la loro formazione con un training e, attraverso una serie di completamenti, qui rappresentati da padiglioni per il carattere e dai consigli e dalle esperienze dei mentori, completano la formazione e sono pronte al lancio.
Peccato che la vita non vada sempre così, e di questo fa esperienza Numero 22, l’anima sotto alla guida di Joe, una sfida che molti ritengono persa in partenza. 22 non è solo irriverente e scettica, è l’unica anima che dubita della vita e che si domanda che senso abbia scendere sulla Terra e vivere se tutto è destinato a finire. Proprio per questo, a mio parere, è l’emblema dell’animo umano.
Sono d’accordo che Soul non sia un film per un pubblico bambino: il significato e i dettagli, rischiano di sfuggire all’occhio infante se non guidato e meditato da qualcuno che li aiuti a comprendere. Non mancano le risate, e le gag divertenti che danno quel pizzico di allegria proprio dei film di animazione, ma la bellezza di Soul sta proprio nella sua ricerca del profondo.
Le scelte grafiche e le tonalità di colori contribuiscono: toni sgargianti, quasi evanescenti, suggeriscono una dimensione onirica e ultraterrena nell’Ante Mondo; altri più cupi, sulla scala dei grigi, colorano certe scene della vita terrestre di Joe, evidenziano che l’infelicità è reale e non è solo una caratteristica propria dei cattivi (se ci pensate, è raro vedere un protagonista Disney davvero avvilito e in lotta con questa oscurità interiore).
Ho trovato un punto centrale nella narrazione disillusa del ricorso alla vocazione e al lasciarsi la possibilità di viverre anche la propria bolla, con la consapevolezza di non farne un bunker invalicabile, perché basta un niente per sprofondare nel nero delle anime perdute.
Ho amato il personaggio di Joe, anche se il mio preferito è 22. Attraverso la sua capacità involontaria di scoprire talenti, emerge quanto possa essere un ottimo maestro, non esente dagli sbagli ma capace di migliorare e fare la differenza.
Veniamo all’ultima nota, la musica.
Anche in questo caso, come per Coco, è la musica a condurre in sottofondo il racconto. Joe vuole fare jazz e sarà proprio il jazz ad accompagnarlo in questa avventura.
La musica diventa lingua comune che crea un legame tra Joe, 22 e noi spettatori.
È proprio con una canzone che vi saluto, l’associazione è venuta spontanea ma credo sia particolarmente azzeccata.
“You live the dream but you’re still a dreamer
Your glass is full but you’re never fulfilled
Your grass is green but their grass is greener
You’ll never make it to the top of the hill
If this aint enough then I don’t know what you’re waiting for”
What you’re waiting for - Passenger

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