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|Giovedì Ballerino| Beloved

  • Immagine del redattore: Cecilia Costa
    Cecilia Costa
  • 22 ott 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

L’altro giorno stavo copiando appunti, e visto che la fase di trascrizione è molto delicata, soprattutto per chi come me ha una grafia pessima, ho scelto una playlist tranquilla che accompagnasse quasi sussurrando la mia penna.


All’improvviso è apparsa Beloved dei Mumford and Sons, una poesia che nel mio cuore ha un significato speciale e che lì per lì mi ha agitato.


Così, visto che dovevo cominciare a pensare a cosa scrivere per il Giovedì Ballerino, mi sono messa a cercare una coreografia su questa canzone. Sono contenta di aver soddisfatto le mie aspettative.


Amo i passi a due, trovo che siano una delle espressioni artistiche più efficaci per trasmettere emozioni. Soprattutto quelli contemporanei e moderni mi trasportano nel loro groviglio intimo e scandiscono con i passi il ritmo del mio respiro.


Mi piace osservare e cercare la spiegazione che può portare due individui diversi a dare vita a uno stesso pezzo con sfumature personali e uniche, trovo che sia questo il grande guizzo artistico che distingue danzatori e interpreti. Ho quasi l’impressione di poter parlare con loro annullando ogni distanza.

Beloved è una canzone sulla perdita e sull’affetto: il ritornello stesso, tradotto, è “prima che tu vada, devi sapere che sei amat* / prima che tu vada, ricorda che ero con te.

E quello stesso dolore, quell’amarezza di un rimpianto, è percepibile nella coreografia, mentre le parole trovano un habitat confortevole nelle gambe, nelle braccia e nei volti di quei ballerini.


Le due cercano sostegno e si sfuggono, provano a riavvicinarsi e inciampano. I movimenti palpitano come frasi che hanno bisogno di uscire prima che sia troppo tardi, prima che il tempo scappi in un secondo.


Il carpe diem di Orazio si fa carne. Un po’ come se si dicesse: “Ballate finché ce ne sarà la possibilità, perché la danza è arte e l’arte salva il cuore dal buio”.


La potenza viscerale, emotiva, e la necessità di parlare, le possiamo notare già dalla sequenza iniziale, dove l’alzata di spalle suggerisce questa pressione, che va a scemare una volta sciolto il nodo stretto che ci rallenta traducendosi in una maggiore facilità di contatto che permette di accettare il dolore, farlo nostro.


La danza è strumento perfetto per bocche ammutolite e cuori che non trovano il coraggio di esprimersi in altro modo.


Stupirci e ascoltare sono doni ai quali non possiamo rinunciare. Soprattutto in questo tempo capovolto.


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