|Giovedì Ballerino| Il canto della danza di Nietzsche
- Cecilia Costa
- 29 apr 2021
- Tempo di lettura: 1 min
“Io sono una foresta e una notte di alberi scuri: ma chi non ha paura delle mie tenebre, troverà declivi di rose sotto ai miei cipressi”.
Zarathustra dedica queste parole alle fanciulle che si trova davanti nella radura. È ammaliato dai loro corpi che ballano, le “belle fanciulle” che trasformano la danza in canto di bellezza ed esaltazione della vita. Partecipa come spettatore estraneo: per farlo dedica loro due canti rivolti alla saggezza, alla vita e alla danza che le muove entrambe.
Facendosi foresta accetta la sua natura oscura in superficie aprendosi alla possibilità di avventurarsi all’interno, andando oltre, grazie al corpo che balla.
“Così parlò Zarathustra” non è semplice, ma è un libro da cui spizzicare ogni tanto per riflettere. Inoltre, sul webbe, si trovano interpretazioni e spiegazioni interessanti.
Nietzsche affida un ruolo importantissimo al canto e al ballo, arti dionisiache che sembrano essere l’unico tramite che permetta al superuomo di diventare tale.
È anche curioso notare quanto nel tempo l’interesse verso il mondo della danza sia cresciuto coinvolgendo studiosi, artisti, filosofi e danzatori. Attraverso la danza il corpo si supera, si eleva e sottende un dialogo in molti casi intimo e profondo.
La danza è strumento per conoscere la vita, ma anche unico mezzo attraverso cui giustificare e ammettere l’esistenza di Dio, è celebre la frase “potrei credere solo a un Dio che sa danzare”.
Con il danzare si accede a una dimensione quasi spirituale. Non è un caso che nella performance fisica si cerchi di dare sfogo al pensiero della danza sulle cose della vita.
La danza muove domande e agita con il corpo anche la mente.

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