Topeka School - Ben Lerner
- Cecilia Costa
- 7 mar 2021
- Tempo di lettura: 3 min
“Topeka school” di Ben Lerner non ti fa venire voglia di finirlo in una notte, piuttosto ti conduce a scoprirlo pian piano aggiungendo elementi per una comprensione completa a cui si arriva solo alla fine.
Ho trovato molti spunti interessanti: il genere rispecchia i miei gusti personali. La psicologia che permea l’atmosfera, i personaggi sospesi in una dualità di bene e male, il contesto storico che cambia, lo rendono portavoce di una realtà che a volte opprime.
È un romanzo di formazione con sfumature familiari, scorrevole, anche se talvolta ci si perde un po’ nelle descrizioni fin troppo analizzate.
La narrazione è divisa in macrocapitoli che hanno un narratore e una temporalità diversa. Ripercorriamo la storia di una famiglia vista dai suoi tre membri: Jane, Jonathan e Adam hanno tratti caratteriali ben definiti ed esperienze più o meno taciute agli altri.
Ai tre filoni se ne aggiunge un quarto che riguarda Darren, che se all’inizio per certi versi inquieta, con il progredire della storia aiuta il lettore a decifrarlo e ad addentrarsi in una profonda spaccatura sociale. È un personaggio interessante: l’uomo-bambino che vive una situazione di disagio dovuta alla sua disabilità che viene interpretata male dagli altri diventando motivo di scherno.
“Topeka School” è un romanzo postmoderno per certi versi: troviamo salti bruschi da un presente lineare a un passato o un futuro che irrompono improvvisamente, intrecci narrativi con elementi esterni non sono essenziali al progredire della storia, ma necessari per farci immedesimare con la crescita dei personaggi.
L’ ambito psicologico è un perno importante non solo perché sia Jane che Jonathan vi lavorano, ma anche per il sottile lavoro di fusione tra la realtà effettiva e quella evocata dall’analisi. Questo ha un impatto doppio sul lettore: da un lato aiuta a delineare meglio il carattere, il background e gli aspetti emotivi, dall’altro rischia di creare una narrazione confusa che non rende possibile un movimento tra mondo della realtà e mondo dell’irrealtà. Una scelta probabilmente voluta da Lerner per mostrare quanto il vissuto di una persona possa impattare sul suo vivere presente e come possano coesistere più versioni di se stessi.
Lo sdoppiamento della vita è un altro tratto che distingue quasi tutti: spaccati a metà dalle aspettative, dalla cultura di appartenenza, dagli affetti, dal ruolo sociale che si ricopre e infine dalle proprie ambizioni.
Ne è esempio Adam che da un lato vuole fare il poeta, ha un dono e lo sa, ma lo coltiva quasi in segreto onde evitare che gli amici lo considerino meno parte del branco. Per questo motivo comincia a fare rap, perché è la forma di poesia più socialmente accettata dal suo gruppo.
Gli stessi Stati Uniti non vedono risparmiati: Topeka è una città del Kansas dove a prevalere è una cultura bianca, piuttosto conservatrice, che ha degli schemi rigidi e difficili da intaccare. La condanna ai tentativi di cambiamento è incarnata dalle proteste dei Phelpsiani che si lasciano andare a violente accuse verso chi promuove un dialogo.
Mi è piaciuto molto il ruolo di rilevanza affidato al dibattito non solo come hobby, ma proprio come metro di valutazione della realtà: Adam filtra molto spesso avvenimenti della sua vita attraverso le tecniche del dibattito, analizza i comportamenti e adatta i suoi pensieri a uno schema simile a quello delle discussioni.
“Troppo simile alla norma per confermarla con la sua differenza, e allora i veri uomini - che sono di fatto essi stessi bambini perpetui, dato che l’America è un’adolescenza senza fine - dovevano differenziarsi da lui con la violenza”

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