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Tre Piani | Eshkol Nevo

  • Immagine del redattore: Cecilia Costa
    Cecilia Costa
  • 6 set 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

“I tre piani dell’anima non esistono dentro di noi. Niente affatto! Esistono nello spazio tra noi e l’altro, nella distanza tra la nostra bocca e l’orecchio di chi ascolta la nostra storia. E se non c’è nessuno ad ascoltare, allora non c’è nemmeno la storia.”

Tre piani di Eskhol Nevo è il miglior libro che ho letto in questa estate, arrivato in un momento in cui mi sembrava di non essere soddisfatta al 100% delle mie letture. Un consiglio di mia mamma che, come libraia di fiducia, non mi delude quasi mai.


Metafora del vivere umano, governato dalla triplice struttura freudiana, Io, Super-Io ed Es, i tre piani di questo palazzo di Tel Aviv racchiudono passioni, timori e speranze che rendono i loro protagonisti avvincenti, tridimensionali e vivi, sullo sfondo di un Israele attraversato da disparità economiche e sociali.


Come il caldo che dal basso si propaga verso l’alto, anche il livello di intensità delle storie cresce dal primo verso l’ultimo piano coinvolgendo il lettore in modo sempre più intimo e personale. I tre monologhi conservano sfumature diverse, figlie degli attori che li stanno interpretando e questo lo si può notare anche nello stile di scrittura di Nevo.

Piccola nota di servizio, inutile al contesto, il terzo è quello che ho amato di più.

Paura di perdere il controllo. Paura di rimanere soli. Paura disperata di dimenticare chi siamo stati.


Tre livelli che trovano nella penna di Nevo una strada per diventare reali e poter essere quindi fronteggiati. Le storie in prima persona di Arnon, Hani e Dvora sono raccolte da interlocutori muti o semi muti che non possono fare altro che ascoltare e custodire le loro parole. La dimensione dell’ascolto a mio parere è uno dei temi centrali del romanzo e si declina sia in ascolto verso l’esterno ma soprattutto in quello verso l’interno.


Tutti e tre i protagonisti chiudono la finestra e in un certo senso si guardano l’ombelico. Vivono situazioni di crisi e hanno bisogno di concedersi uno spazio di fragilità che non riescono a trovare negli altri.


Ho interpretato Tre piani come un profondo inno alla cura e all’amore verso noi stessi incarnata nel bisogno di fronteggiare i nostri limiti e lati più nascosti. Lo suggerisce la costruzione stessa della narrazione. Lo sfiorarsi delle tre vie, necessarie ad arrivare in cima e trarre un profondo respiro.

Non vedo l’ora di vedere il film di Nanni Moretti in concorso al Festival di Cannes 2021.


🎶 Ti consiglio una canzone da ascoltare insieme al libro: Kurt Cobain - Brunori Sas



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